Horus adesso è pronta. La barca, un vecchio Janneau Sun
Odyssey 34.2, nel corso degli ultimi mesi ha subito un profondo refitting per rendere
lei (e me) del tutto autosufficienti. Insomma, adesso possiamo stare a navigare
anche per un paio di mesi senza toccare terra. E questo vale, sia se il
prossimo anno – come sogno – attraverseremo l’Atlantico, sia se staremo a
bighellonare per il Mediterraneo senza
la necessità di andare a ripararsi in un porto, per esempio, per attaccarsi ad
una colonnina per ricaricare le batterie.
Un ringraziamento va a Luigi Iacono, Gilson Monteiro Aquino e Benedetto Cuccio della Sailing Boat Service di Palermo: in questi mesi di "ristrutturazione", hanno lavorato mentre il sottoscritto continuava a vivere nella pancia di Horus. Sono dei tecnici preparati, ma anche una buona compagnia. Per farla breve: siamo diventati amici.
Ma voglio guidarvi nella “nuova” Horus. Cominciamo dall’interno.
Luigi Iacono |
Gilson Monteiro Aquino |
Benedetto Cuccio |
Ma voglio guidarvi nella “nuova” Horus. Cominciamo dall’interno.
Impianto elettrico
Batterie. Adesso
le batterie per i servizi sono quattro, per un totale di 360 amperes. Resta una
da 80 amperes, più che sufficiente, per l’accensione del motore. Nella “vecchia”
Horus, le batterie per i servizi erano solo due e ancora oggi trovano posto in
un gavoncino sotto la cuccetta di poppa. Troppo poco spazio per poterne
ospitare altre due che, quindi, hanno trovato spazio nell’ampio gavone di
poppa.
Pannelli solari
Per
garantire autonomia, senza dover dipendere da un caricatabberia (da collegare a
terra alla colonnina elettrica di un pontile), da un generatore (che consuma
benzina, fa rumore e anche puzza) o dall’accensione periodica del motore, l’alternativa
era tra dei pannelli solari o da un generatore eolico. Visto che per un altro
anno me ne starò nel Mediterraneo, dove non sempre il vento è sostenuto, la
scelta è caduta sui pannelli solari. I pannelli, due, sono della Soldian (quelli
usati da Soldini su Maserati), da 100
watt ciascuno, montati in serie. I due
pannelli sono collegati ad un regolatore di tensione della Western Co. Il
risultato è eccellente: da quando ho montato il sistema, non ho più avuto la necessità
di colllegarmi alla rete elettrica per usare il carica batterie.
Inverter. In
barca dispongo anche di un impianto a 220 volts in corrente alternata, la cosiddetta
“luce di casa”. In ogni ambiente (cabina di poppa e cabina di prura, dinette,
cucina, tavolo da carteggio, bagno) c’è almeno una presa. Tutto il circuito è
collegato – tramite uno switch – o all’inverter o alla presa esterna (quella
che va alla colonnina della banchina).
Computer di bordo
Per stare tranquillo e non rischiare di restare al buio, serviva non un
semplice voltmetro o un amperometro, ma un vero e proprio computer di bordo che
tenesse sotto controllo sia i consumi elettrici, sia il livello di carica delle
batterie. E così, sul tavolo da carteggio c’è un Battery Monitor BM-1 con il
quale posso tenere sotto controllo il livello delle batterie, i consumi in quel
momento, quanti ampere stanno caricando le batterie, una proiezione su quanto
tempo resia per scendere sotto i 12
volts delle batterie oppure per
caricarle del tutto.
Impianto idrico
Rubinetto d’acqua di
mare
Occhio ai consumi d’acqua dolce. Inutile consumarne, per esempio, per
lavare i piatti. La soluzione (sempre presente sulle vecchie barche a vela) è
stata una presa a mare e un rubinetto su uno dei due lavabi della cucina
alimentato da una pompa a pedale. Quando si è al largo (dove l’acqua è pulita)
è una pacchia: si rigoverna la cucina potendo fare a meno di usare il
detersivo, visto che il mare ci dà un’acqua con sale e iodio e, all’occorrenza,
anche buona per cucinare la pasta. E, perché nop?, anche per lavare i denti.
Cesso elettrico
Tranquilli, non siamo nella prigione di St. Quentin dove se ci si accomoda su
una sedia elettrica normalmente si muore. Vista la mia età, matura, ho
preferito una comoda pompa elettrica che ha sostituito quella manuale (che
conservo perché un ricambio può sempre far comodo). C’è solo da stare attenti a
cosa si butta dentro, visto che la pompa elettrica, prima di scaricare a mare,
trita tutto quello che vi passa dentro. Ergo, a scanso di incidenti, su Horus è
vietato mangiare ciliegie, olive e quant’altro contenga noccioli.
Le altre modifiche
Tv. Non è un
qualcosa di necessario, confesso, ma perché rinunciarvi? A volte, da soli in
porto, è piacevole seguire un tg o non perdersi Crozza. Un’antenna “a fungo” della Glomex e un televisore che
può funzionare indifferentemente sia a 12 che a 220 volts.
Teli paramare
Servono. Eccome se servono. Servono a riparare il pozzetto dalle onde frangenti
(se non sono troppo alte), ma servono anche a riparare dal vento e, in
banchina, garantiswcono anche un po’ di privacy. All’interno ci sono delle
tasche forate per poter sistemare in navigazione tante cose che altrimenti non
troverebbero un posto o sarebbero sparse ovunque, come cime, termos, binocolo,
eccetera.
Tendalino
Già c’era,
ma adesso è stato modificato ricavando una “tasca” che, aperta, permette a chi
sta al timone di controllare la forma della randa e dare un’occhiata al
segnavento in testa d’albero.
Luce in pozzetto
Una
grandissima comodità con una soluzione estremamente semplice: una striscia di
led (purtroppo bianchi) apposta sul tendalino per mezzo di una pezza di velcro.
I led sono alimentati da un filo che, tramite una spina da accendisigari, va in
una presa a 12 volts posta sulla colonnina del timone.
Rotaie del genoa
Adesso non è più necessario uscire dal pozzetto per regolare il punto di
scotta: un bozzello e un rinvio permettono di effettuare la manovra standosene
riparati. Le cimette dei rinvii possono essere bloccate da due piccoli stopper
piazzati sulla tuga.
Pilota automatico
Il vecchio Raymarine ST-4000 ha pensato bene di defungere. E visto che quasi sempre
in barca sono da solo, è semplicemente inimmaginabile pensare di fare a meno di
un pilota automatico. Visto che era necessario affrontare la spesa, tanto
valeva farla per uno strumento “definitivo”. Il Raymarine SPX-10 che, tra l’altro,
dispone anche di un proprio giroscopio. Non è un dettaglio da poco. Quando onde
alte arrivano nelle andature portanti, la poppa della barca si alza e, se non c’è
una immediata correzione del timone (una sorta di controsterzo anticipato), la
barca parte per l’orza e a quel punto è possibile che sia troppo tardi per
rimettersi in rotta. Un pilota automatico con il giroscopio, oltre alla
variazione della prua, sente anche l’accelerazione verticale (la poppa
sollevata dall’onda) e si comporta come il più bravo dei timonieri “umani”. L’SPX-10
si può interfacciare con la stazione del vento, così da mantenere una rotta non
in base alla bussola, ma rispetto all’angolo con il quale il vento colpisce la
barca. Non so ancora come questo pilota si possa comportare con vento forte di
poppa, ma se andrà bene potreei anche non pensare più ad un timone a vento che
in molti (me compre3so) ritengono indispensabili per una lunga navigazione d’altura.
Safe lines. Per
chi naviga, soprattutto per chi lo fa in solitario, la sicurezza è un
imperativo. A mio avviso, più che i giubotti salvagente, servono le cinture di
sicurezza che impediscono di cadere fuori bordo e che, del resto, non danno
neppure tanto fastidio. Per andare all’albero o a prua in totale sicurezza,
sono state messe due safe lines in tessile alle quali agganciare la cintura. In
pozzetto, invece, ci si può agganciare a degli appositi golfari messi accanto
al timone e sulla tuga.
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...complimenti...sarebbe interessante sapere anche i costi che sopporti, si potrebbe pensare di fare un salto li' a Palermo e far eseguire anche alcuni di quei tuoi lavori... avere il piacere di conoscerti e scambiarsi impressioni,esperienze e considerazioni varie.
RispondiEliminaEli
Scrivimi quando vuoi: chiappisi@hotmail.it
RispondiEliminaUn abbraccio