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Il prossimo
primo luglio il mio matrimonio con Horus avrà compiuto quattro anni. L’anniversario
sarà festeggiato in navigazione (da qualche parte). Adesso, invece, vorrei fare
un bilancio su questi quattro anni in cui ho dato un taglio netto alla mia vita,
l’ho rivoluzionata lasciando la terra (in senso metaforico) e vivendo dentro un
guscio galleggiante di appena dieci metri.
Il bilancio
è positivo e questa scelta la rifarei altre mille volte. Ricordo il
prepensionamento, la perdita, nel passaggio dallo stipendio alla pensione, di
una buona parte del mio reddito e la voglia di vivere a fondo la mia vita senza
legami, senza orari, senza regole dettate da altri. E la decisione di mollare l’appartamentino
che avevo affittato a Piazza Marina e di vendere l’utilitaria è stata
praticamente obbligata.
Horus |
Ed è
arrivata Horus, uno spaziosissimo Sun Odyssey 34.2 del 2000 a due cabine. L’abbiamo
presa a Siracusa, fatta controllare a Messina, portata a San Nicola e poi a
Palermo per quei lavori indispensabili per rendere la “bimba” più sicura e
funzionale, visto che oltre ad essere una barca navigante doveva anche essere
una casa per una persona “matura” e anche un po’ acciaccata.
E vediamo se
riusciamo a fare un bilancio di questa mia ultima parte della mia vita.Cliccate QUI per vedere i lavori fatti su Horus.
Innanzitutto
le modifiche apportate ad Horus che potete vedere in questo vecchio post.
Parliamo,
invece, di come è cambiata la mia vita. Diciamolo subito: radicalmente. E in
meglio. Come base ho scelto il porticciolo di San Nicola l’Arena. S. Nicola è
un borgo di pescatori, ma nel porto c’è un grande spazio dedicato alle barche
da diporto. Lì dove sto io, nei pontili Mare Sud, c’è anche una comodità
aggiuntiva: la famiglia Marino, che gestisce i pontili, ha a Termini Imerese (a
poche miglia) anche un attrezzatissimo cantiere nautico. Così è possibile fare
a buon prezzo e bene anche alaggio, varo e manutenzione ordinaria. Il porto è
sicuro: entra un po’ di risacca solo quando spira forte un vento di grecale. Ma
questo avviene solo di rado. Picchia forte, invece, lo scirocco. Ma è solo
vento, niente mare: basta avere cime di ormeggio “serie” e robusti molloni e
anche questo problema viene neutralizzato.
Il porticciolo di San Nicola l'Arena |
Io a San
Nicola ci vivo benissimo. La borgata è minuscola, ma c’è tutto: farmacia,
supermercato, panifici, eccetera. Perfino una banca e un ufficio postale. E la
stazione: con un paio di euro vado a Palermo e non devo affrontare lo stress
del traffico e tutto il resto.
Ma vivere in
barca non significa sostituire un appartamento fisso con uno che si dondola. E’
la visione della vita che cambia. Quando andai in pensione e mi trasferii in
una barca, fui intervistato dalla Rai (guarda il video). E dissi che avrei girato il mondo. E
specificai che per me, dire che avrei girato il mondo, avrebbe potuto significare
anche solo percorrere poche miglia e andare a Capo Zafferano. Significa libertà:
per farlo basta solo mollare due cime e andare, senza fare compromessi, senza
chiedere permessi, senza avvertire nessuno. Libertà, appunto.
E libertà
significa anche avere la possibilità finanziarie. Sfatiamo un mito: vivere in
una barca costa molte meno che vivere a terra. Con 500 euro al mese (che
sarebbero seimila euro in un anno) io ci copro: ormeggio con acqua e luce
(anche se io di energia elettrica ne consumo davvero pochissima, visti i
pannelli), alaggio e varo, manutenzione della carena, assicurazione,
manutenzione del motore, iscrizione alla Lega Navale. E resta sempre qualcosa
che può sempre servire per i piccoli interventi o per le piccole avarie. Per
me, inoltre, serve davvero poco: non vesto Armani, fuggo dal lusso ma mangio
bene. Insomma, se non si vogliono avere stravizi, anche con mille euro al mese
si può vivere liberi e felici.
Senza
considerare che costa poco per andare in posti meravigliosi a costo praticamente
nulla. Horus, col suo Yanmar da 29 cavalli, a poco più di 5 nodi consuma 1.20
all’ora. In genere, in un anno, non spendo in gasolio più di 150 euro. Ma io
vado a vela, a meno che la velocità non sia inferiore a due nodi. Ricordo un
mio “record”: per andare a Cefalù – sono poco più di 20 miglia – ci sono stato
un po’ più di otto ore. Ma non devo tagliare traguardi, non ho orari da
rispettare, non rischio di dimenticare qualcosa perché mi porto la casa
appresso.
A Cefalù, con amici a bordo di Horus |
Ogni tanto
qualcuno mi chiede come si sta da soli. Forse immagina che vivere da soli in
una barca significhi fare la vita dell’eremita. Io in genere navigo da solo, ma
quando sono in porto, Horus fa a tempo pieno la padrona di casa. Dirò di più:
se abitassi in un appartamento forse riceverei meno visite. Ma io accolgo solo
persone che sento mi fanno stare bene. Insomma, chi viene a bordo di Horus non
si aspetti di cenare col “servizio buono”. Si mangia quello che c’è e con
quello che c’è.
A bordo,
infatti, è molto più facile essere se stessi e farsi accettare per come si è.
Già vengo preso per un tipo strano e allora perché meravigliarsi se coltelli e
forchette fanno parte di set diversi?
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