Agropoli |
Il giorno prima, ho voluto rinforrzare il mio ricordo di questo paesino meraviglioso con una splendida pizza mangiata al tramonto su una delle terrazze che danno sul porto. Io, come tutti, dispongo di cinque sensi (a volte anche di sei, anche se il sesto non sempre funziona bene. Anzi, ultimamente perde sempre più colpi) e sono abituato ad usarli tutti, Specialmente il gusto: a me capita dui ricordarmi di un posto, di una situazione se penso a quello che ho mangiato in quel posto o in quella occasione. E questa pizza, servita come da tradizione in un puatto di vimini, mi aiuterà a ricordarmi di Agropoli. Come sarò aiutato anche dall'antipasto a base di alici. Qui c'è una tradizione fortissima: le alici vengono cucinate e servite in diversi modi: "mbuttunate", "arreganate", "marinate" o "salate". Insomma, non credo avrò problemi di memoria.
Capo Palinuro |
Eccoci qua, senza un porto di destinazione e, per di più, con la carta bancomat inutilizzabile causa chip passato a miglior vita. Lascio il governo di Horus al pilota automatico (in effetti, per il 90 per cento del tempo, è lui che fa tutto), regolo meglio le vele rispetto ad un venticello a dieci nodi che arriva al traverso, e comincio a studiare la carta nautica. la barca fila, si fa per dire, a poco più di quattro nodi, e con un certo disappunto vado a caccia non di un porto, ma di una baia o comunque di un ridosso. Decido di allungare la rotta e di proseguire fino a Palinuro.
Mentre faccio e rifaccio i conti della nuova rotta, il vento rinforza, ma è sempre così quando si è al traverso di un Capo. E punta Licosa non fa eccezione. Dovete sapere che è bene passare molto larghi rispetto a questo capo. Un ottimo motivo è perché è costellato di secche e scogli affioranti. Secondo, perché da lontano si apprezza meglio il panorama. E si riesce a scorgere anche un'isolotto, o meglio, l'Isola delle Sirene. Per chi crede in queste cose, fu qui che Ulisse, attratto dal canto delle sirene, si fece legare al timone per evitare di morire. Una bella morte, immagino, ma sempre morte sarebbe stata.
Intanto alla mia sinistra sfila un vero e proprio spettacolo della natura: Punta dell'Ogliastro, Acciaroli, Marina dei Pioppi, Casalvelino (maledizione), Marina di Ascea. Doppio la Torre del Telegrafo, intravedo il porticciolo di Marina di Pisciotta e davanti alla prua si comincia a vedere il Capo Palinuro. E' lì, alla fonda davanti al porto, che passerò la notte.
La boa gialla che segnala la socche sommersa a Palinuro |
Prima di entrare, come faccio sempre, mi metto in contatto via radio con la Guardia Costiera. Loro mi autorizzano a dar fondo all'ancora e mi raccomandano due cose: non scendere a terra e lasciare la barca incustodita e stare attento ad una scogliera sommersa segnalata da una boa gialla. Resto lì la notte e anche il giorno successivo. Il luogo è fantastico: il paesino poco distante dal porto (che non è un vero e proprio porto: ha solo un molo di protezione, al resto ci pensa la natura), una pineta che sovrasta la spiaggetta, colori da sogno. La seconda notte dormo, ma si balla un poco: arriva vento e, soprattutto, risacca. calo altri cinque metri di catena e vado a nanna. L'indomani sarei andato dall'altro lato del Capo, alla baia del Buon Dormire. Poche miglia fatte col solo genoa e poi all'ancora in questa rada che pian piano si è andata affollando. Ma è talmente grande che il numero delle barche non ha dato alcun fastidio. Un'altra giornata qui, un paio di bagnetti, e poi a nanna. L'indomani, di buon mattino, dopo un altro bagnetto e ricca colazione a base di caffè e biscotti annegati nella Nutella, via verso la Baia degli Infreschi.
Horus nella baia del Buon Dormire |
Horus alla boa nella baia degli Infreschi |
L'indomani, dopo una notte magica agli Infereschi, ho fatto tappa a Cetraro, non nel porto, ma all'ancora. E da lì a Vibo Valentia. Ma questa è un'altra storia che scriverò, forse, domani.
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