Alla mia età
e con i miei acciacchi, la stanchezza la sente sempre dopo. Finché si sta in
navigazione, goduria e adrenalina tengono su che pè una bellezza. Poi., quando
si è al sicuro e non si è costretti a stare sull’allerta, la tensione scema e
la stanchezza sale. Ma è normale. Quando facevo rallies, l’ultima prova
speciale era sempre quella che non finiva mai. Nei lunghi viaggi in auto,
quello interminabile era sempre l’ultimo chilometro. Perfino quando andavo a scuola,
non sopportavo l’ultima ora. In fondo, nella vita, cambiano gli scenari, ma la
sostanza, pensandoci bene, rimane sempre la stessa.
Ma se qui
alla Lega, dove le barche in acqua sono ancora poche, decidessero di non
ospitarmi oltre, mi farò una trentina di miglia e andrei a rifugiarmi ad
Agropoli. In fondo sarebbero al massimo sei ore e anche se il tempo (vento,
mare e pioggia) non dovesse essere favorevole, è sempre una cosa fattibile. In
fondo Horus è ben attrezzata per tutti i mari e io pure, anche se con qualche
difficoltà. Ma le difficoltà esistono per essere superate, altrimenti che gusto
ci sarebbe?
Intanto e
per almeno un altro giorno mi godo il mio dolce far nulla. E mi attrezzo a
ricevere a bordo della piccola Horus tante belle persone che in questi anni mi
hanno seguito sui social networks e che mi danno il benvenuto nei porti che di
volta in volta mi ospitano. Ed è una bella sensazione, credetemi. Qui, alla
lega Navale, conosco solo poche persone, ma quando vedoi qualcuno che cammina
sui pontili riesco sempre ad indovinare se viene da me o no. Quelli che
arrivano, hanno sempre le mani occupate a portare qualcosa. E’ vero che prima
della partenza ho fatto una cambusa “importante”, ma è anche vero che da Gioia
Tauro in poi è arrivato un po’ di tutto: dalle conserve al pane casereccio, dai
vini locali ai limoncelli fatti in casa.
Mario e Stefano |
Stasera si
torna alla “legge di Horus”. Ovvero a bordo si sta in due: io e la barca. Per
quasi una settimana ho avuto con me Mario e Stefano che stamattina hanno preso
il treno e sono tornati a casa. Stasera tornerò a dormire da solo e potrò
scegliere se dormire a prua o a poppa. Ma confesso che quei due “ragazzi” mi
mancano.
Con loro ho
trascorso giorni e notti meravigliosi. Ricordo i nostri cazzeggi in pozzetto.
Se ci penso, mi vien da ridere quando ricordo Mario, il milite uso a lavorare
di notte, che con tono solenne mi diceva di andare a dormire perché in
pozzetto, fuori, avrebbe fatto buona guardia. Insomma, avrebbe fatto quel che
deve fare chi è di turno in una lunga navigazione: controllare che non si esca
fuori rotta, dare un’occhiata all’Ais per vedere se ci sono navi o barche nei
paraggi, controllare che non ci siano cambiamenti significativi dell’intensità
e della direzione del vento, guardare spesso nel buio che c’è di fronte alla
prua. Insomma, fare quella che i navigatori d’altura chiamano “la guardia”. Io
sono sceso in dinette e leggendo leggendo mi sono addormentato al tavolo. E
dopo una mezz’ora mi sono svegliato di soprassalto: sentivo un rumore come se
fosse il motore di un peschereccio. Mi precipito in pozzetto e il mistero si
svela immediatamente: era Mario che russava alla grande. Lui nega e, per dimostrazione, mi dice di aver visto
in lontananza le luci di un traghetto che avevamo individuato con l’Ais.
E mi mancano
le risate che ci facevamo con barzellette vecchie e anche un poco idiote. E mi
manca il vedere all’opera un marinaio di prim’ordine, qual è Stefano, stare ai
fornelli e inventarsi piatti improponibili e nello stesso tempo prelibati.
Ma il
viaggio continua. Finora abbiamo percorso poco meno di 350 miglia. Non so
quante ne percorrerò ancora e fin dove arriverò. Ci penserò strada facendo.
Stanotte andrò a nanna prima del solito e domattina, quando tornerò ad usare la
caffettiera piccola, mi renderò conto che si continua lì dove avevamo
interrotto. E tornerò a far conto solo su me stesso. E condividerò con me
stesso il gioco dei delfini e lo spettacolo del sole che va a dormire e qualche
ora dopo torna per darmi il buon giorno.
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