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lunedì 9 maggio 2016

E anche a Vibo, bagno di affetto



Non ho difficoltà ad ammetterlo. Anzi, lo dico proprio con piacere: so di essere voluto bene da tante persone. Una di queste – non si offendano le altre – è Mimmo Melissari, un veterinario di Reggio Calabria che tiene una storica e curatissima Gran Soleil 34 nel porto di Vibo Valentia.
L’altro ieri, come vi avevo già scritto, mentre eravamo nel bel mezzo del Golfo di sant’Eufemia, ci siamo infilati in una bella burrasca, con raffiche a più di 30 nodi e onde tra i due e i tre metri. La prima tentazione è stata quella di ripararci  ad Amantea, ma il porto è inagibile per barche £grandi” come Horus. Il porto successivo sarebbe stato Cetraro, ma questo avrebbe significato altre otto, nove ore di navigazione, diciamo così, scomoda.

Allora abbiamo scelto di tornare indietro e ripararci a Vibo. Nel piano originale avevamo previsto una tappa qui, ma poi, partendo con u n giorno doi ritardi, Vibo è stata “sacrificata”. Era destino, invece, che avremmo dovuto fermarci qui.
Già erano le 8.3° della sera e faceva buio. Chiamo Mimmo e gli chiedo di aiutarmi. Neppur il tempo di chiederglielo che già avevamo un posto nel marina che ospita lui e la famiglia di Alfonso Coscarella, armatore di una sorellina di Horus, un Jeanneau 34.2.
“Vieni, ti aspettiamo”. Poi mi dà le indicazioni: “Appena entri nel porto, costeggia il molo di sottoflutto, arri va fin dove ci sono le vedette della Finanza è lì ci sarò io che ti indicherò il posto”. Grande Mimmo.
Arriviamo ad un miglio dall’imboccatura e il sistema dei satelliti Gps si blocca per mezz’ora. Abbiamo cercato di identificare in mezzo alle luci della città il faro a luce verde che segnala il molo di sopraflutto del porto. Niente: l’unico faro faceva luce bianca. Chiamiamo Mimmo che con pazienza ci guida pia n piano all’imboccatura del porto. In genere evito gli atterraggi notturni in posti che non conosco. Immaginate il mkio piacere nel doverlo fare e pure senza strumenti.
Come fu e come non fu, entrati nel porto una lucina stroboscopica che Mimmo teneva sulla testa ci guida fino al nostro posto. Mimmo, pensate, aveva pensato pure di mettere la trappa del corpo morto sulla bitta della barca alla quale ci saremmo affiancati.
Sistemata Horus, scendo sul pontile e lo abbraccio. Lui fa lo stesso con me e ppoi si scusa: “Se lo avessi saputo prima, avremmo preparato qualcosa di buono da mangiare”. Gli ho voluto ancora più bene.
Mimmo l’ho conosciuto l’anno scorso a Reggio Calabria, durante il mio giro della Sicilia in  solitario. Ed è nata subito una grande amicizia. A volte, le amicizie tra sconosciuti si rivelano più forti e più vere di quelle di vecchia data. Sul puntile arriva Anna, la moglie di Alfonso con la bambina che oggi ha tre anni. Anche loro: li ho conosciuti lo scorso anno a Catania perché avevamo le barche nello stesso Marina. Anche loro mi vogliono bene. “Ti seguiamo sempre con affetto”, mi ha detto Alfonso. Ed è vero. Come è vero che Mimmo mi ha chiamato tante volte solo per sapere come stavo in salute.
L’idea degli “horusiani” era quella di rimanere solo una notte, ma per domenica il meteo non dava buone notizie. E inoltre quella notte io non sono stato proprio benissimo.  Si resta due notti, è stata la decisione finale. E, forse per una volta, è stata anche una decisione saggia.
La domenica mattina Alfonso lascia tutti e con la sua Jeanneau va a farsi la regata. Noi riempiamo la barca di Mimmo e pranziamo lì. Horus ha portato il condimento, la famiglia di Mimmo ha messo pasta, birra, pentole, stoviglie, antipasto, caffè e dolce. Confesso, mi sentivo in famiglia.
Arcangelo Dragone
“Mimmo, ci metteresti una buona parola per non farmi massacrare con il conto dei due pernottamenti?”. “Ci penso, io, non ti preoccupare”. E arriva Arcangelo Dragone, il proprietario del Marina Azzurra. Mi fa compilare la scheda d’ingresso con i dati di Horus, quelli miei e quelli di Mario e Stefano, l’equipaggio. Quanto le devo?, chiedo. “Niente, siete ospiti miei”. Lì per lì mi è venuto il dubbio che il conto lo stesse pagando Mimmo e questo non glielo avrei mai permesso, né a lui, né ad alcun altro. “Non è così – mice Arcangelo – voi siete ospiti miei”. Sono rimasto senza parole.

Se le mie condizioni non dovessero consentirmi di farmi il giro della Corsica e della sardegna, tonerò lì anche nel viaggio che mi riporterà a casa, a san Nicola. Perché ho ancora tanta voglia di abbracciare Mimmo e Annamaria, Alfondo e Anna, e le loro meravigliose (e monellissime) bambine. Grazie, amici miei. 

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