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L’altro
ieri, come vi avevo già scritto, mentre eravamo nel bel mezzo del Golfo di sant’Eufemia,
ci siamo infilati in una bella burrasca, con raffiche a più di 30 nodi e onde
tra i due e i tre metri. La prima tentazione è stata quella di ripararci ad Amantea, ma il porto è inagibile per barche
£grandi” come Horus. Il porto successivo sarebbe stato Cetraro, ma questo
avrebbe significato altre otto, nove ore di navigazione, diciamo così, scomoda.
Allora
abbiamo scelto di tornare indietro e ripararci a Vibo. Nel piano originale
avevamo previsto una tappa qui, ma poi, partendo con u n giorno doi ritardi,
Vibo è stata “sacrificata”. Era destino, invece, che avremmo dovuto fermarci
qui.
Già erano le
8.3° della sera e faceva buio. Chiamo Mimmo e gli chiedo di aiutarmi. Neppur il
tempo di chiederglielo che già avevamo un posto nel marina che ospita lui e la
famiglia di Alfonso Coscarella, armatore di una sorellina di Horus, un Jeanneau
34.2.
“Vieni, ti
aspettiamo”. Poi mi dà le indicazioni: “Appena entri nel porto, costeggia il
molo di sottoflutto, arri va fin dove ci sono le vedette della Finanza è lì ci
sarò io che ti indicherò il posto”. Grande Mimmo.
Arriviamo ad
un miglio dall’imboccatura e il sistema dei satelliti Gps si blocca per mezz’ora.
Abbiamo cercato di identificare in mezzo alle luci della città il faro a luce
verde che segnala il molo di sopraflutto del porto. Niente: l’unico faro faceva
luce bianca. Chiamiamo Mimmo che con pazienza ci guida pia n piano all’imboccatura
del porto. In genere evito gli atterraggi notturni in posti che non conosco.
Immaginate il mkio piacere nel doverlo fare e pure senza strumenti.
Come fu e
come non fu, entrati nel porto una lucina stroboscopica che Mimmo teneva sulla
testa ci guida fino al nostro posto. Mimmo, pensate, aveva pensato pure di
mettere la trappa del corpo morto sulla bitta della barca alla quale ci saremmo
affiancati.
Sistemata
Horus, scendo sul pontile e lo abbraccio. Lui fa lo stesso con me e ppoi si
scusa: “Se lo avessi saputo prima, avremmo preparato qualcosa di buono da
mangiare”. Gli ho voluto ancora più bene.
Mimmo l’ho
conosciuto l’anno scorso a Reggio Calabria, durante il mio giro della Sicilia
in solitario. Ed è nata subito una
grande amicizia. A volte, le amicizie tra sconosciuti si rivelano più forti e
più vere di quelle di vecchia data. Sul puntile arriva Anna, la moglie di
Alfonso con la bambina che oggi ha tre anni. Anche loro: li ho conosciuti lo
scorso anno a Catania perché avevamo le barche nello stesso Marina. Anche loro
mi vogliono bene. “Ti seguiamo sempre con affetto”, mi ha detto Alfonso. Ed è
vero. Come è vero che Mimmo mi ha chiamato tante volte solo per sapere come
stavo in salute.
L’idea degli
“horusiani” era quella di rimanere solo una notte, ma per domenica il meteo non
dava buone notizie. E inoltre quella notte io non sono stato proprio benissimo. Si resta due notti, è stata la decisione
finale. E, forse per una volta, è stata anche una decisione saggia.
La domenica mattina
Alfonso lascia tutti e con la sua Jeanneau va a farsi la regata. Noi riempiamo
la barca di Mimmo e pranziamo lì. Horus ha portato il condimento, la famiglia
di Mimmo ha messo pasta, birra, pentole, stoviglie, antipasto, caffè e dolce.
Confesso, mi sentivo in famiglia.
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Arcangelo Dragone |
Se le mie condizioni
non dovessero consentirmi di farmi il giro della Corsica e della sardegna,
tonerò lì anche nel viaggio che mi riporterà a casa, a san Nicola. Perché ho
ancora tanta voglia di abbracciare Mimmo e Annamaria, Alfondo e Anna, e le loro
meravigliose (e monellissime) bambine. Grazie, amici miei.
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