Il mio “viaggio”
è appena cominciato e già ha subito la prima interruzione: ieri siamo partiti
da Gioia Tauro con destinazione Maratea (120 miglia e una durata approssimativa
di 24-25 ore), ma dopo esserci trovati nel bel mezzo di una burrasca abbiamo deciso
di tornare indietro di una ventina di miglia per ripararci a Vibo Valentia.
A Vibo ho
rivisto persone meravigliose conosciute lo scorso anno durante il mio giro in
solitario della Sicilia: Mimmo, Alfonso, Anna. Mimmo, come sempre, mi è stato
di aiuto: mi ha trovato un posto nel suo marina e mi ha guidato a trovare l’imboccatura
del porto. Sì, inspiegabilmente (ed è già la seconda volta) il sistema Gps si è
bloccato. Questo non dipendeva dai miei strumenti (ho tre Gps cartografici, uno
indipendente dall’altro), ma dal sistema dei satelliti. E il black out è
arrivato proprio nel momento sbagliato, alle 21, col buio.
Non so voi,
ma io cerco sempre di evitare atterraggi notturni in porti o rade che non
conosco. E proprio ieri sera mi sono ritrovato ad entrare a Vibo di notte e
senza strumentazione, con un porto costruito apposta per confondere chi viene
di notte e non lo conosce. Santo Mimmo. Gli ho chiesto perché mi vuole bene e
non ha saputo rispondermi.
E dire che
la giornata era cominciata nel migliore dei modi. La colazione l’ha portata
Massimo (cornetti e cannoli) che lavora con i rimorchiatori di Gioia. Un
venticello ci ha spinto dolcemente verso Capo Vaticano. Horus filava bene.
Doppiato il capo il vento si è stabilizzato sui 15 nodi e si andava al gran
lasco con una mano alla randa e genoa tutto aperto. Ed era un piacere vedere
sul Gps velocità costanti tra i 6 e i 7 nodi. Pian piano comincia ad alzarsi un
po’ di mare fino ad avere di poppa onde di un metro e mezzo, due metri. Navigazione
che più tranquilla non avrebbe potuto essere.
Passiamo
anche capo Cozzo e ci infiliamo nel Golfo di Sant’Eufemia. Il vento aumenta a
20 nodi e gira fino ad arrivarci al traverso. Provo a restare largo dalla costa
e puntare direttamente su Maratea per evitare che le onde colpiscano Horus
sulla fiancata. Ma il vento comincia a rinforzare e le onde a crescere e
diventare frangenti.
Cominciano
le danze. Raffiche a 30 nodi e onde che sdraiavano la barca ora su un fianco, ora
su un altro. Cambiamo un po’ rotta, diamo due mani alla randa e troviamo un
equilibrio più o meno sopportabile. Ma l’idea di avere ancora sedici, diciotto
ore di quella situazione mi piaceva molto poco. Vado a fare i miei calcoli
sulla carta nautica e vedo che un rifugio possibile avrebbe potuto essere il
porto di Amantea, a sole 18 miglia. Guardo il portolano, prendo un numero di
telefono e chiamo: il corrispondente è stato gentilissimo, ma mi ha dato una
cattiva notizia: il porto è in ristrutturazione ed è inagibile. “Provi più su,
a Cetraro”. Prefvisioni meteo? “Ci sarà una calma di un paio d’ore, poi
rinforzerà”.
Torno alla
carta nautica e Cetraro era a 40 miglia, ovvero a otto, nove ore di
navigazione. Allora scelgo la comodità: si prende il vento in poppa (e pure il
mare) e si va a Vibo Valentia. Chiamo Mimmo e lui si attiva per accogliermi. Un’ora
e mezza di navigazione e mare e vento che pian piano calano.
Intanto si
pesca un tonnetto di un paio di chili. Almeno la cena è assicurata. Stefano,
che oltre ad un marinaio di prim’ordine si è rivelato un cuoco eccezionale, lo
sfiletta mentre la barca salta da un’onda all’altra. Operazione perfetta: in
bocca non ci è finita neppure una spina. E da chef, lo cucina in due modi: una
parte la fa a tartar alla menta, l’altra in filetti arrostiti con aglio, olio e
rosmarino. Precisazione: menta e rosmarino provengono dall’orto di Horus.
Oggi sarebbe
stato il giorno giusto per ripartire, ma stanotte non sono stato benissimo e mi
sono pure beccato le cazziate dai miei “amanti” americani. Che poi sono i medici
che mi curano. Li chiamo “amanti” perché non c’è giorno che non ci si senta per
almeno un paio di volte.
Fra poco si
pranza e assieme all’equipaggio, che poi sarebbero i meravigliosi Mario e
Stefano, decideremo se partire nel pomeriggio per arrivare domattina sul tardi
a maratea o restare qui un’altra notte. La decisione non dipende tanto dal
tempo (che oggi è uggioso, ma questo non impedirebbe una navigazione calma e
veloce), ma dal mio stato di salute. E’ vero che in barca esistono delle
gerarchie, ma un po’ di democrazia non guasta mai. Poi, quando la situazione lo
richiede, il comandante decide e si assume la responsabilità di ciò che decide.
Ma adesso siamo in porto, possiamo parlare guardandoci negli occhi.
E per avere un'idea, ecco alcuni video:
Alla
prossima puntata, amici miei.
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