A bordo di
Horus adesso c’è anche un bidoncino da 10 litri pieno d’acqua. Embè? Embè c’è
che questa non è un’acqua normale e il bidoncino non l’ho comprato per essere
una riserva nel caso si bucassero i serbatoi della barca. Il bidoncino è pieno
di “Acqua della Madonna”.
Dire acqua
della Madonna non è imprecare contro chi ci guarda da lassù, ma è un’acqua
minerale che sgorga naturalmente nelle fontane adiacenti al porto di Castellammare
di Stabia. Anche l’acqua che è
distribuita ai pontili della Lega Navale è “della madonna”, ma è solo un po’
meno frizzante e, dicono, mantenga le sue proprietà per un tempo minore.
Castellammare,
è bene ricordarlo, è la città delle acque e delle terme. Le acque a vario
titolo considerate minerali o terapeutiche sarebbero 28. Ma a me l’idea di bere
l’acqua della madonna mi ha intrigato fin da quando Alessio Patania, un altro
vagabondo del mare, me lo ha detto.
Assieme a Bernardo,
uno dei funzionari della lega Navale, mi ha accompagnato alla fonte. Anzi, alle
fonti perché sono due. Qui sostengono che si tratta di acque differenti. Appena
avrò fatto fuori il primo bidoncino, andrò a provare la seconda.
Quella che
sto bevendo adesso è quella “originale”.
Gli esperti sostengono che, grazie alle sue proprietà, l’acqua della Madonna mantiene le proprie
caratteristiche organolettiche inalterate nel tempo, per questo motivo era
utilizzata nel passato dai navigatori che si apprestavano a intraprendere
lunghi viaggi prelevandola direttamente dalla fonte che si affacciava anche sul
mare. Proprio a causa dell’uso che se ne faceva, fu chiamata anche acqua dei
Naviganti. E io navigo.
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