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domenica 20 gennaio 2013

Il Portolano di Horus:
S. Agata di Militello (Messina)





38°04’,52N
14°38’,42E
N. posti barca
110
Lunghezza max m.
30
Acqua

Energia elettrica

Scivolo

Scalo di alaggio

Gru

Segnali del tempo





Una grande nuvola che unisce le isole di Alcudi e Filicudi annuncia venti forti dal IV quadrante.
Se invece, sempre su Alicudi e Filicudi c'è una nuvola dai bordi sfumati, i venti arriveranno da Est.






Autorità marittima: Ufficio Locale Marittimo v. Pace, 24 tel. e fax 0941.722821.



Ottimo approdo per spezzare la tratta che va da Messina a Palermo, ottima base per chi ama le Eolie ma preferisce, soprattutto d’estate, pernottare lontano dall’inevitabile caos delle isole.
Il porto è costituito da un molo di sopraflutto lungo poco più di un chilometro orientato per NNE. L’imboccatura è abbastanza ampia, ma bisogna stare attenti al fondale che periodicamente è soggetto ad insabbiamenti.
In banchina c’è un distributore di carburante e, nei due pontili privati, c’è sempre disponibilità di acqua ed energia elettrica.
Gentilissimi alla Yachting Management (0941-336392) della famiglia Dominici che gestisce quasi 200 metri di pontili. Telefonando con un  certo anticipo è possibile avere assistenza all’ormeggio anche al di fuori del normale orario di lavoro. Il paese è a una certa distanza dal porto, ma alla YM offrono un servizio oltremodo comodo. Hai bisogno di fare la spesa in un supermercato? Il personale chiama un’auto che tu porta al supermarket, aspetta che tu faccia la spesa e poi ti riporta in banchina. Senza costi aggiuntivi. Lo stesso se vuoi cenare in un ristorante. Ottimo, no?

Horus nel porto di S. Agata di Militello

 


Sant'Agata di Militello (Sant'Àita di Militieddu in siciliano) è un comune italiano di 13.178 abitanti della provincia di Messina in Sicilia. Si trova quasi a metà strada tra le due province di Messina e Palermo. E' il quinto comune più importante della provincia di Messina per popolazione dopo Messina, Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo e Patti. La città divenne comune autonomo nel 1857.
È un comune del Parco dei Nebrodi.

Storia

La storia cittadina si sviluppa attorno alla "Torre della Marina", una struttura d'avvistamento costiero edificata nel XIII secolo per servire la medievale Militello Valdemone.
Nella seconda metà del ‘500 quando i viceré spagnoli incaricarono i Camiliani di fare la ricognizione dei litorali la torre fu giudicata insufficiente e vi fu aggiunto un "fortino".
Signori della città furono gli appartenenti alla famiglia d'origine aragonese dei Gallego che edificarono il Castello costruito sul feudo della "marina".
Nel 1573 in concomitanza con l'edificazione nacque il primo nucleo abitativo su cui la famiglia Gallego ottenne la signoria.
Nel secolo XVII il borgo di Sant'Agata era compreso fra le terre baronali appartenenti al principe di Militello, il quale nel 1627, assunse anche il titolo di Marchese di Sant'Agata.
Nel 1628 don Vincenzo Gallego ottenne la licenza di edificare il palazzo intorno alla torre e nel 1663 suo figlio Luigi, nominato Marchese e poi Principe di Sant'Agata, fece costruire il castello, a presidio della costa, per concessione del re Filippo IV che nel 1657 gli concesse la licenzia populandi per promuovere il futuro insediamento urbano del piccolo borgo marinaro attorno ad esso.
Nel 1820 l’ultimo dei signori vendette titolo e terre al Principe di Trabia, ma nello stesso secolo i privilegi feudali decaddero.
Il castello Gallego articolato intorno ad un'alberata corte quadrata, ingloba le torri cilindriche di età medievale. Sull'ampio prospetto ornato da classici finestroni, si apre il fornice d'ingresso, difeso in passato da ponte levatoio. Dal cortile si accede agli ambienti destinati a scuderie, magazzini ed abitazione dei servi. Da una scala a chiocciola si sale al piano nobile, con gli appartamenti del principe, da cui si accede alle torri e ai terrazzi. Il libro di Vincenzo Consolo Il sorriso dell'ignoto marinaio si chiude con la descrizione puntigliosa del castello carcere di Sant'Agata di Militello, simbolo architettonico degli inferi narrati, per la sua forma a chiocciola. Decifrando una lapide di tal (COCALI) GALLEGO, scrive:
« E siam persuasi che quell'insolito e capriccioso nome chiuso tra le parentesi che vien dopo Girolamo del principe marchese, Còcalo, sicuramente d'accademico versato in cose d'arte o di scienza, sennò sarìa stato eretico per paganità, abbia ispirato l'architetto. Essendo Còcalo il re di Sicilia che accolse Dedalo, il costruttore del Labirinto, dopo la fuga per il cielo da Creta e da Minosse, ed avendo il nome Còcalo dentro la radice l'idea della chiocciola, kokalìas nella lingua greca, còchlea nella latina, enigma soluto, falso labirinto, con inizio e fine, chiara la bocca e scuro il fondo chiuso, la grande entrata da cui si può uscire seguendo la curva sinuosa ma logica, come nella lumaca di Pascal, della sua spirale, l'architetto fece il castello sopra questo nome: approdo dopo il volo fortunoso dal grande labirinto senza scampo della Spagna, segreto sogno di divenire un giorno viceré di Sicilia, sforzo creativo in sfida alla Natura come l'ali di cera dell'inventore greco o solo capricciosa fantasia? »
(Vincenzo Consolo, Il sorriso dell'ignoto marinaio)
Il possente edificio dalle severe linee architettoniche, sorge su una altura rocciosa, guardando da un lato il centro cittadino e dall'altro un ampio arco di costa. Attorno ad esso venne a formarsi un abitato di pescatori e contadini.
Non manca, come buona regola siciliana, la leggenda sulla fondazione della cittadina a seguito di un fatto prodigioso, che vide alcuni pescatori catanesi scampare ad un terribile naufragio ed edificare, per voto, un centro intitolato alla loro santa patrona.
Un consistente incremento demografico si ebbe però soltanto in seguito all'autonomia amministrativa ottenuta nel 1857 e alla costruzione della strada rotabile Palermo-Messina. All'inizio del '900 rivestì un'importanza fondamentale la costruzione della ferrovia e numerosi furono gli interventi che ne favorirono lo sviluppo.
Di notevole rilevanza storica sono i diversi palazzi gentilizi presenti. Costruiti intorno la metà del diciannovesimo secolo dalle famiglie aristocratiche della zona, quali gli Zito discendenti dai conti di S. Marco, i Faraci baroni del Prato,i nobili, Gullotti e Cardinale. Gli Zito edificarono i loro palazzi nel quartiere della chiesa madre, i Faraci in via Roma, i Gullotti, Cardinale e Ciuppa sulla Via Nazionale. Tutti questi edifici presentano al loro interno pregevoli stucchi tardo barocco e liberty. (da Wikipedia)

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