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domenica 10 febbraio 2013

Un sogno: attraversare l'Atlantico

La rotta Est-Ovest per attraversare l'Atlantico


Confesso: l'idea di attraversare lo Stretto di Gibilterra e di farsi portare dagli Alisei al di là dell'Atlantico è un sogno che coltivo da anni. Oggi è un po' meno sogno e un po' più progetto. Ho una barca, Horus, che con qualche accorgimento è in grado di affrontare l'impresa. E, da buon pensionato, ho pure il tempo per farlo. Vedremo se, quando suonerà la sveglia, avrò il coraggio e anche le forze per buttarmi oltre le Colonne d'Ercole. I medici, che mi hanno seguito con competenza e tanto affetto per anni, sostengono che il sogno in realtà è solo una pazzia. Ma questo, la pazzia, è un campo che ho arato per tutta una vita e per me le sfide sono sempre state irresistibili.

E così, prima di pensare a me, ho pensato alla barca. Da un paio di mesi la sto preparando ad essere autonoma dalla terra. Sono in arrivo due pannelli solari, ciascuno da 120 watt, che provvederanno a caricare ben 5 batterie: una dedicata all'accensione del motore e ben 4 ai servizi. Qualcuno ha storto il muso vedendo che per la gestione di tutte le apparecchiature ho a disposizione di ben 360 Ah. Troppi, dicono. Giusti, dico. Fare il vagabondo del mare non significa rinunciare alle piccole (e meno piccole) comodità.
E allora elenchiamole queste comodità. Cominciamo con un impianto elettrico a 220 volts, come quello che c'è nelle case dei terrestri. I 220 volts servono, per esempio, a tanti piccoli elettrodomestici: frullatore, rasoio elettrico, caricabatterie di un trapano, amplificatore ad alta fedeltà (so che esistono anche a 12 volts, ma io uso quello che avevo e che è a 220 volts), aspirapolvere, caricatori universali di batterie, un vecchio pc. I 220 volts li prendo dalla banchina quando sono ormeggiato, da un inverter quando sono in navigazione. E allora, sempre per comodità e per non avere tra i piedi le pericolose prolunghe, c'è almeno una presa in ogni ambiente (le due cabine, la dinette, il tavolo da carteggio, la cucina e il bagno).

Il rubinetto dal quale esce acqua di mare

Ottima anche l'autonomia relativa all'acqua dolce: ho due serbatoi per un totale di 400 e una presa a mare che, quando avrò soldi, servirà ad un dissalatore. Poi, per risparmiare acqua, ho fatto installare in cucina anche un rubinetto dal quale, con una pompa a pedale, esce acqua di mare, ottima per lavare piatti e stoviglie quando si è al largo o all'ancora in acque non inquinate. E per cucinare, perché no?
Le batterie dei "servizi" servono anche per alimentare tutta la strumentazione di bordo (illuminazione della bussola, anemometro, profondimetro, misuratore della temperatura del mare, pilota automatico), il verricello salpa ancora, le luci di bordo. All'insegna del risparmio energetico, all'interno tutte le lampade sono a led (fanno molta luce e consumano pochissimo). E' a led anche la luce posta in cima all'albero e che si accende di norma quando si è ormeggiati in una baia.

Il quadro elettrico. Sopra, la radio Vhf
Altre utenze sono un Gps cartografico (l'equivalente di un tom-tom automobilistico), un Ipad, la radio Vhf con la quale si può comunicare con le Capitanerie, i responsabili dei porti, con le altre barche e ascoltare i bollettini meteo e i vecchi "Avvisi ai naviganti". E poi c'è una tv a led, utile per passare il tempo quando si è in porto o all'ancora in qualche baia. A giorni monterò anche un mio vecchio ricetrasmettitore in onde corte (sono ancora un radioamatore) che, se dovessi davvero attraversare l'Atlantico o fare navigazioni dii vera altura, sarà l'unico mezzo per comunicare con il resto del mondo.
Le altre modifiche, sempre all'insegna della comodità e della sicurezza. Il pulpito di poppa (la "ringhiera" che c'è nella parte posteriore della barca) è stato allungato e adesso protegge tutto il pozzetto. A giorni dovrebbe essere montato un telo para onde che, stando seduti sulle panche, riparerà anche dal vento forte. Il telo, all'interno, conterrà anche delle tasche, buone a tenere in ordine piccoli oggetti come binocolo, termos, cappellini e altre fesserie del genere.
Sull'altare della sicurezza anche due safe-lines: sono due cavi in tessile che vanno da prua a poppa in entrambe le fiancate della barca alle quali legarsi per evitare che un'onda o laperdita dell'equilibrio ci buttino a mare.
E un radar: ne basta uno piccolino, con una portata di 24 miglia e dotato di allarme: se c'è qualcosa davanti, si mette a far casino e ci sveglia. Se utilizzato bene, un buon radar riesce anche a mostrare scrosci di pioggia lontani una decina di chilometri. E visto che una barca a vela va pian pianino, c'è tutto il tempo di prepararsi.
Poi ci vogliono le carte nautiche. Falso che non servano a niente, visti i progressi della tecnologia e l'invasione di Gps e Cartografici. E' vero che si usano poco, ma le vecchie carte nautiche devono stare a bordo (a parte che è obbligatorio, pena multe salatissime). Per farne che? Servono per dare sicurezza: in lunghe traversate, o anche brevi se si sta in tratti di mare non conosciuti, è buona norma riportare, al massimo ogni sei ore, la propria posizione rilevata su una delle diavolerie elettroniche. Nel caso il sistema elettrico dovesse andare in tilt, sappiamo che rotta abbiamo fatto e da lì rifare il punto nave attuale e proseguire non alla cieca.

Un timone a vento
E ancora. Chi volesse affrontare vere traversate d'altura (non necessariamente l'Atlantico, basta anche dalla Sicilia alla Sardegna), non può fare a meno di un timone a vento. E' una specie di timone automatico, ma non ha nulla di elettronico e quindi non consuma batterie. Ed è più affidabile di un "normale" pilota automatico. Il mio, per esempio, adesso è impazzito e quindi è inutilizzabile. La differenza tra timone a vento e pilota automatico è enorme. Il secondo viene impostato su una rotta e lui la segue correggendo il timone della barca in modo da andare sempre nella stessa direzione. E' indispensabile se si va a motore o vicini alla costa, ma in caso di onde molto grandi che spostano la poppa anche di parecchi gradi reagisce sempre con un po' di ritardo. Il che potrebbe non essere igienico. Il timone a vento, invece, non ha una propria bussola. Lui conosce solo la direzione del vento: se questo colpisce la barca, per esempio, a 90 gradi, ebbene - qualunque cosa succede - lui manterrà una rotta tale da avere il vento sempre a 90 gradi. E più forte è il vento e più alte sono le onde, meglio funziona. Insomma, un ottimo compagno di viaggio.
Il resto, se volete, ve lo dirò in un prossimo articolo.

1 commento:

  1. Approfitto per questo "romantico" post per riformulare una questione classica (che si arrichisce sempre di nuovi particolari): i prerequisiti di legge per una traversata (atlantica).
    1) La patente senza limiti
    2) Una imbarcazione Categoria CE A (se costruita precedentemente all'introduzione delle categorie CE mi diventa più oscuro...diciamo ritenuta all'epoca di poter afrrontare l'altura)
    3) Le dotazioni bordo (oltre 50 miglia)
    4) L'immatricolazione (necessaria per il paradosso delle acque internazioniali in relazione alla convenzione di Montego Bay)
    ----
    In relazione a questo ultimo punto ecco una questione tutta italiana legata alla categoria natanti alla quale appartengono tutte le imbarcazioni lunghezza fuoritutto (smontate le appendici smontabili che alterino tale lunghezza) minore di 10 metri (Horus abbia lunghezza dichiarata 9.99 m - ndc)
    Pare che un natante pur marino, pur immatricolato (con bandiera italiana almeno), fuori dalle eccezionali regole stabilite in occasione di regate (che consentono per esempio ai minitransat lunghi 6.50 metri le effettuare passaggi atlantici) non possa andare oltre le 12 miglia (anche con skipper dotato di patente "senza limite").
    La domanda è quindi: Può un vagabondo del mare attraversare l'oceano atlantico con una imbarcazione sotto i dieci metri fuori da ogni vincolo di regata (senza essere arrestato)?
    R.
    P.S.: Mi scuso per questo commento un po' burocratico...ma da Alex Carozzo in poi hanno complicato un po' le cose...

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