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venerdì 26 giugno 2015

Il mio tentativo di circumnavigare la Sicilia in solitario (1-continua)

Una delle poche regole che ho imparato - e che funziona sia in  terra che in mare - è quella che dice di non superare mai i propri limiti. In mare, ovviamente, non bisogna neppure superare i limiti della barca.
Sappiamo che i limiti sono qualcosa di soggettivo. Io, per esempio, un tempo facevo rallies e resistevo senza troppi problemi a stare sveglio e con i riflessi pronti anche per 48 ore. E in mare mi divertivo a raggiungere i limiti miei e quelli della barca.

Poi gli anni hanno cominciato ad accumularsi e con loro anche gli acciacchi. E  stando a quel che dicono i miei medici, oggi gli acciacchi sono più pesanti degli anni e vanno tenuti sotto controllo. Almeno finchè è possibile. E me ne rendo conto. Oggi, se il vento rinforza, ridurre la randa diventa un’attività faticosa. Un tempo stavo sul pezzo: randa piena, una mano, randa piena, una mano, due mani, una mano, randa piena: sempre la tela giusta in relazione alla forza del vento e all’andatura. Oggi, invece, devo fare i compromessi. A volte esco sotto invelato, a volte resto con troppa tela se mi aspetto un prossimo calo del vento. Ma, come vedete, ci si adatta.
L’età e gli acciacchi (li chiamo così perché sono e resto un inguaribile ottimista) non impediscono di sognare e di realizzare i sogni. Ho deciso di fare con calma, con molta calma, il giro della Sicilia. Al termine di quella che oggi è per me un’impresa e che un giorno sarebbe stato solo un trasferimento un po’ lungo, capirò se è il caso di fare qualcosina in più.

S. Nicola L'Arena - Cefalù: 22 miglia
Sono partito dalla mia base, i pontili Mare Sud del porticciolo di San Nicola l’Arena, il 14 giugno: rotta verso Cefalù. Lì, ai pontili di Renzo, ho caricato quattro bombole di gas e rivisto Pia, una mia carissima amica. Sono partito con 15 nodi di vento. Poi, nel bel mezzo del Golfo di Termini Imerese, mi sono ritrovato in piena bonaccia. Un’ora di motore e poi di nuovo a vela. Percorse 22 miglia in poco più di sette ore. Ma la regola su Horus è la seguente: finché la barca va ad più di un nodo e mezzo, niente motore.
Cefalù, alba nel porto di Presidiana

A Cefalù sono rimasto 4 giorni. Il 19, alle 7 del mattino, ho lasciato il porticciolo di Presidiana diretto a Palermo. All’inizio avevo 20 nodi al traverso e mare formato. In previsione di un calo del vento nel Golfo di Termini (calo che poi c’è stato) avevo tutta randa e tutto genoa: la randa leggermente scarrellata, il punto di scotta del genoa indietro in modo da sventare in alto entrambe le vele. Fino al traverso di S. Nicola  onda lunga e vento a cinque, sei nodi. Poi, pian piano, il vento è girato e rinforzato: bolina sempre più stretta e mare sempre più formato. 
Una bella galoppata verso Palermo
Poco prima del traverso di Casteldaccia, le raffiche arrivavano a 25 nodi. Stavolta ho dovuto ridurre randa e genoa e mettermi di bolina stretta per doppiare Capo Zafferano senza fare bordi. Entrato nel golfo di Palermo, prua al vento, abbassata la randa, mi sono diretto verso il porto della cala al lasco, col solo genoa. Ma la piccola Horus, nonostante la carena non proprio pulita (anche questo è un eufemismo), filava a quasi sei nodi. Percorse 34 miglia in poco meno di dieci ore.
Anche qui, sosta lunga. Se resto in un posto per più di due giorni, significa che devo prendere dei farmaci che mi causano sonnolenza improvvisa. Capite bene che in queste condizioni, mettersi in mare sarebbe un atto demenziale. Del resto, ho davanti a me tutto il tempo che voglio. A Palermo sono rimasto due giorni nei pontili della Sailing Boat Service di Luigi, benedetto e Gilson. Giusto il tempo di riposarmi un po’ e fare qualche rimpatriata. Mimmo Giglio mi ha riempito di pasta fresca e condimenti, ho cenato con Riccardo e Alessandra a bordo del loro Janneau 42.2 e ho rivisto, dopo un casino di tempo, Stefania, Beppe e Maura.
Relax a Mondello. Grazie a Italo Tripi per la foto....
Il 21 mattina ho lasciato il pontile, ho fatto il pieno di gasolio (70 euro!!) al Molo Sud e poi a Mondello. Poco più di sette miglia e di notte, all’ancora, assieme ad altre due barche a vela. Una di queste era un due alberi da 38 piedi, bandiera svizzera. A Mondello incontro Italo, il presidente del Centro Velico Siciliano a bordo del suo Sun Magic: io faccio una foto a lui, lui fa un servizio fotografico a me, panza compresa!!
L’indomani, con un venticello da dieci nodi (ma sempre di prua, maledizione) via verso Ovest. A sinistra sfilano prima l’Hotel La Torre, poi Capo Gallo, poi l’isolotto di Isola delle Femmine e quindi, dopo 12 miglia e quattro ore, giù l’ancora in quel paradiso di mare che c’è davanti a Piraineto. Un paio d’ore dopo ed ecco che arrivano gli svizzeri. Un cenno delle braccia, una rapida conversazione sul Vhf ed eccoli che arrivano con il loro tender. Salgono a bordo di Horus, bevono un caffè, parliamo un poc, e poi se ne vanno.
Capo Gallo
Confesso che non ricordo i loro nomi, ma ricordo che sono partiti un paio di mesi fa dalle Baleari e che intendono (anche loro) circumnavigare la Sicilia e poi puntare sulla Grecia ionica. Una coppia che definirei “matura” e che mi è sembrata molto, molto felice.
Il 23 giugno, verso le 10, lascio Piraineto e mi dirigo verso Castellammare del Golfo: 19 miglia in poco più di quattro ore, complice una brezza tesa di 15 nodi che mi ha fatto bolinare per tre miglia e che poi mi ha spinto al lasco fino ai pontili della Lega Navale. Qui sono rimasto tre giorni (sempre causa farmaci) e anche qui ho fatto il pieno di amici: Alessio (un ragazzo toscano che quando viene in Sicilia per lavoro viene sempre a trovarmi), Sergio (che ha un Bavaria 44 che tiene qui a Castellammare) e Micaela (siciliana innamorata del mare e della vela che vive, ahilei, in Trentino). Dimenticavo: un paio d’ore dopo il mio arrivo, entra in porto un piccolo due alberi: gli svizzeri, of course. Sembra quasi che viaggiamo di conserva senza averlo deciso.
A Castellammare del Golfo
Stamattina – e siamo arrivati a venerdì 26 giugno – sono uscito per buttare l’ancora davanti ai faraglioni di Scopello. Ho visto un casino di barche e tra queste anche quella degli svizzeri. Troppe barche per i miei gusti. 
Poco male, avevo deciso di andare ad ancorarmi a Calampiso. Ma ho sentito gli occhi pesanti e ho capito che stavo per addormentarmi: evidentemente non avevo smaltito del tutto le pillole dei giorni precedenti.

 E così, dopo un bel caffè forte, ho continuato fino a San Vito: poco più di 4 ore per 14 miglia. 
Poco prima dei Faraglioni di Scopello
Adesso sono nei pontili della Traina dove resterò almeno fino a lunedì mattina. Avviso per chi entra nel porto di S. Vito: è sempre stato insabbiato entrando sulla sinistra, ma quest’anno la situazione è peggiorata: se non volete toccare, tenetevi a non più di trenta metri dal molo di sopraflutto, quello del benzinaio.

Alla prossima, amici miei.  





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