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mercoledì 16 gennaio 2013

Le onde


Sono sempre stato affascinato dalle onde. Vedendole da terra, sembrano molto più alte di quelle che in effetti sono.
Le onde si fanno annunciare da un rumore sordo che si mischia con quello del vento. Man mano che si avvicinano, si distinguono le creste, gli sbuffi di schiuma che la brezza riporta al largo. E quando sono lì, proprio davanti ai tuoi piedi, prendono coraggio, prendono forza, si girano su se stesse come in una capriola e si schiantano sulla spiaggia. Poi si ritirano, lasciando una sorta di bava; marcano la
spiaggia come per dire “ecco, sono arrivata fin lì”. Un‟altra onda muore sulla terra. E anche lei lascia il segno di bava: più vicino al mare o più lontano, come se facessero a gara a chi invade di più il mondo dei terrestri.
Le onde sono sempre le stesse, ma vivendole stando tra di loro, in mare aperto, sembrano completamente diverse. Sono più grandi, a volte maestose, col volto della potenza. E hanno sempre qualcosa da dirci. Il loro linguaggio sta nella loro forma. L‟onda lunga, per esempio, ci avverte che da lì a qualche ora arriverà tempesta. Oppure che la tempesta è passata. Ma l‟onda è gentile: anche quando è foriera di brutte notizie, ce le porta con tanto anticipo, come se volesse darci il tempo di prepararci al peggio. E quando il peggio arriva, le onde, sempre più forti, ci dicono di seguirle. E noi le seguiamo in quella fuga che, dopo qualche ora o qualche giorno, ci riporterà nella bonaccia. E‟ difficile vivere lontano dalle onde. 

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